Per anni i miei suoceri, pur avendo un patrimonio che basterebbe a generazioni, hanno messo in scena lo stesso teatrino: dimenticare “per caso” il portafoglio al ristorante e lasciare che qualcun altro pagasse il conto. Era diventata la loro firma. Così, quando hanno invitato mia madre in un locale di lusso, convinti che sarebbe caduta nella loro solita trappola, non potevano immaginare che lei fosse pronta a sorprenderli. Quella sera, infatti, la loro astuzia si è trasformata in una clamorosa sconfitta.
Sono cresciuta con l’idea che famiglia significasse lealtà, sostegno reciproco, onestà. I miei genitori mi hanno insegnato che non è ciò che possiedi a definirti, ma quello che sei disposto a dare. Non eravamo ricchi, ma mai ci saremmo sognati di approfittarci degli altri. Poi ho sposato Dan, e ho scoperto un altro mondo.
La sua famiglia possiede ville, auto di lusso e passa le vacanze in mete da cartolina. Eppure, dietro a tanto sfarzo, c’è un’abitudine vergognosa: non pagano mai. Ogni cena si conclude nello stesso modo: ordini esagerati, vini costosissimi, e poi sparizioni improvvise o finte telefonate. Alla fine, il conto resta sempre a qualcun altro.
Quando ho saputo che per il compleanno della suocera avevano deciso di invitare mia madre – al posto mio e di Dan, che eravamo già in viaggio – mi si è gelato il sangue. Ho provato ad avvertirla, a raccontarle ogni dettaglio del loro “gioco”, ma lei ha riso: «Tranquilla, so come cavarmela». Io, però, temevo il peggio.
La sera della cena non ho chiuso occhio, aspettando la sua telefonata disperata. Ma non è arrivata. Solo la mattina seguente ho ricevuto un messaggio: “Serata indimenticabile. Chiamami quando torni.”
Al telefono, mia madre mi ha raccontato la scena. Tutto era andato secondo copione: ordini faraonici, scuse improvvise e poi la fuga. L’avevano lasciata sola con un conto da capogiro. Ma lei, invece di pagare, ha ordinato dolce e vino pregiato e chiesto del direttore: era un suo ex alunno, ora proprietario del ristorante. Insieme hanno escogitato una piccola lezione: ha richiamato i miei suoceri, invitandoli con garbo a tornare a saldare. In caso contrario, avrebbe dovuto segnalare l’episodio come tentata frode.
E così i miei suoceri, imbarazzatissimi, sono stati costretti a tornare e pagare il conto maggiorato di una “tariffa extra”. Più di duemila dollari in totale.
Da quel giorno, ogni volta che usciamo a cena, mia suocera si affretta a dire: «Ognuno paga per sé». E io e Dan non possiamo fare a meno di sorriderci complici.