È stato mio marito a pretendere che dormissimo in stanze separate.

Quando James disse che da quella sera avremmo dormito in stanze diverse, sentii lo stomaco stringersi in un nodo duro di dolore e smarrimento.

Ogni notte, da dietro la sua porta, arrivavano fruscii e colpi attutiti. Più quei rumori si ripetevano, più i miei pensieri deragliavano: stava nascondendo qualcosa?

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Una sera, vinta dall’ansia, decisi di aprire quella porta e capire.

Lo trovai a svuotare il comodino. Ogni oggetto finiva con cura dentro un cesto di vimini, e a ogni gesto il mio cuore si faceva più pesante.

Cinque anni prima avevo avuto un incidente. Da allora ero paralizzata dalla vita in giù. James era stato il mio sostegno, la mia luce.

Eppure, guardandolo fare i bagagli del suo comodino, ebbi l’impressione che il mio mondo si stesse incrinando di nuovo.

«Sarò sempre qui per te, qualunque cosa ti serva, Pam» disse piano, ma deciso. «Questo non cambia nulla.»

«Se non che non dormi più accanto a me» sussurrai.

Lui annuì. «Te l’ho spiegato… ho bisogno di più libertà di movimento quando dormo.»

Feci cenno di sì, ma non trovai la forza di dirgli il resto: quanto contasse per me la sua presenza, quanto mi spaventasse l’idea di restare sola in quel letto troppo grande.

Quando uscì con il cesto, un’ondata di insicurezza mi travolse.

E se non ce la facesse più a starmi vicino? E se fossi diventata un peso?

Giorni e notti si susseguirono in un ronzio d’inquietudine.

Fissavo il soffitto e mi chiedevo: si è pentito di essere rimasto dopo l’incidente? La sua pazienza è agli sgoccioli?

I rumori, intanto, aumentavano.

All’inizio solo un lieve fruscio, qualche colpetto ovattato. Pensai che si stesse abituando alla nuova stanza. Poi divennero più frequenti, più decisi, e i miei pensieri più bui.

Che cosa sta facendo lì dentro? Sta preparando la fuga? O… c’è qualcuno con lui?

Una sera, passando davanti alla sua porta, allungai la mano sulla maniglia: chiusa a chiave.

Mi irrigidii. Dormire separati era una cosa, ma la chiave? L’aveva sempre chiusa e non me n’ero accorta?

Il cuore mi si accorciò in gola. Per la prima volta sentii davvero che lo stavo perdendo.

A cena non ressi più. «Vuoi lasciarmi?» bisbigliai.

Lui rimase di sasso. «Pam… come puoi pensarlo?»

«Camere separate… la porta chiusa…» abbassai lo sguardo. «Non voglio essere un peso.»

«Te l’ho detto: non dormo bene, mi agito, ho paura di farti male nel sonno. Lo sai…»

Non era mai stato un problema, eppure annuii. Quando tra due persone si alza un muro, perfino la verità graffia.

Quella notte i rumori furono più forti che mai. E io avevo finito il fiato.

Nonostante i dolori, salii in carrozzina e mi spinsi nel corridoio buio.

A ogni metro l’aria si faceva più fredda, come se la casa volesse trattenermi. Ma non tornai indietro.

Appoggiai la mano tremante sulla maniglia: stavolta non era chiusa.

«James?» sussurrai.

Mi fermai sulla soglia, senza respiro.

James era al centro della stanza, circondato da mobili a metà, barattoli di vernice e attrezzi. Si voltò verso di me: prima lo stupore, poi un sorriso timido.

«Non avresti dovuto vederlo ancora» mormorò, imbarazzato.

«Tutto questo?» chiesi, facendo scorrere lo sguardo.

Si scostò e indicò una struttura in legno. «È un sollevatore, per aiutarti a entrare e uscire dal letto con meno fatica. So quanto ti sta costando, ultimamente.»

Seguì il mio sguardo verso la parete: un comodino laccato fissato all’altezza giusta. Ovunque fogli con schizzi, misure, appunti.

«Stavo preparando tutto per il nostro anniversario» disse. «Ti vedevo in difficoltà e volevo renderti la vita più semplice.»

Gli occhi mi si riempirono. Per tutto quel tempo avevo creduto che si allontanasse, e invece stava lavorando in segreto per noi.

Andò in un angolo e ne tornò con una scatolina confezionata. «Fa parte del regalo» disse porgendomela.

La aprii: una coperta scaldapiedi. La desideravo da mesi, rimandando sempre l’acquisto.

«Volevo che fossi comoda. Soprattutto nei giorni duri» aggiunse, con un mezzo sorriso.

«Perché tutto questo segreto? E la stanza a parte?» domandai piano.

Si inginocchiò e mi prese le mani. «Mi serviva uno spazio dove lavorare senza rovinare la sorpresa. E, se devo essere sincero… avevo paura di non farcela, di rimandare e perdere l’occasione.» Abbozzò una smorfia. «Lo sai, io e i segreti non andiamo d’accordo.»

Risi tra le lacrime. È vero: James non ha mai saputo tenere qualcosa per sé.

«Mi dispiace averti fatto soffrire» sussurrò. «Volevo solo mostrarti quanto ti amo. E che non andrò da nessuna parte.»

Appoggiai la fronte alla sua. «Ti amo anch’io. Con tutto quello che ho.»

Restammo lì, tra progetti e martelli, e per la prima volta dopo tanto tempo sentii la pace scendere leggera.

«Ti va di aiutarmi a finire?» chiesi asciugandomi gli occhi.

I suoi si illuminarono. «Certo. Facciamolo insieme. Questa è casa nostra.»

Qualche settimana dopo, proprio il giorno dell’anniversario, tutto era pronto.

Il sollevatore montato, i mobili nuovi, la stanza pensata su di noi.

E James… James tornò a dormire nella nostra camera.

Lo guardai rimettere le sue cose sul comodino e sentii il cuore traboccare.

«Bentornato» mormorai.

Si sedette accanto a me e mi strinse. «Non me ne sono mai andato, Pam. E non me ne andrò mai.»

Ci addormentammo abbracciati. E capii che non è una questione di stanze né di letti.

Conta solo ciò che siamo disposti a fare, l’uno per l’altra, in nome dell’amore.

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