«Abbiamo due figli in più» annunciò Artem, con la voce ovattata come provenisse da un sogno. «Li ho trovati nel bosco, sotto una quercia. Da oggi li cresceremo come se fossero nostri.»
Olga restò immobile davanti al fornello. Il vapore annebbiava il vetro e, attraverso quella foschia, intravide la sagoma del marito con due piccoli fagotti tra le braccia.
«Che stai dicendo?» posò la tazza sul tavolo con un gesto lento. «Quali figli? Da dove arrivano?»
La porta si spalancò e Artem entrò in cucina. Aveva i capelli scompigliati, la giacca cosparsa di aghi di pino. In braccio stringeva due bimbi avvolti nel suo vecchio plaid di lana. Uno teneva stretto un coniglietto di pezza, l’altro dormiva placidamente.
«Erano seduti sotto la quercia, come in attesa» spiegò Artem, abbassandosi a sedere. «Nessuno nei dintorni, solo le impronte di un adulto che portavano verso la palude.»
Olga si chinò: il più grande aprì gli occhi scuri e limpidi. Lo sguardo era vigile, la fronte calda.
«Cosa hai combinato, Tyoma?» mormorò lei.
Un fruscio nella stanza accanto: comparve Varien’ka, la loro figlia di sei anni, con gli occhi ancora pieni di sonno.
«Mamma? Chi sono?» chiese, osservando i piccoli sconosciuti.
Artem non esitò: «Si chiamano Timofej e Savelij. Da oggi vivranno con noi.»
La bambina si avvicinò con cautela, allungando la mano. «Posso abbracciarli?»
Olga annuì in silenzio.
I giorni dopo
La casa si riempì di cure e attenzioni. I gemelli avevano tre, forse quattro anni. Si spaventavano per ogni rumore, rifiutavano la carne, uno temeva il buio, l’altro si rifugiava dietro la stufa.
«Bisogna avvisare i servizi sociali» disse l’infermiera Nina Stepanovna, in visita. «Forse li stanno cercando.»
«Nessuno li cerca» ribatté Artem. «Ho seguito le tracce: finivano nella torbiera. Lì non si sopravvive.»
Olga sentì un brivido lungo la schiena. Quella notte rimase alla finestra. I pini ondeggiavano, sussurrando segreti al vento. Nella stanza accanto tre bambini dormivano stretti l’uno all’altro.
«Se tu li hai trovati, io li accoglierò» disse infine ad Artem, ricordando il figlio perso anni prima, quando si erano appena trasferiti lì.
Una nuova famiglia
Col tempo Timofej e Savelij smisero di nascondersi. Giocavano con Varja, imparavano i giochi del cortile, accarezzavano gli animali del villaggio. «Sembrano proprio i vostri» disse un vicino. Artem non rispose, ma quella sera raccontò loro la prima fiaba.
Gli anni passarono veloci. L’autunno colorava il bosco di rame, la casa si copriva di rampicanti. I bambini crebbero: Varja ordinata e diligente, Timofej sognatore e artista, Savelij taciturno ma con mani d’oro.
A scuola non mancavano le prese in giro. «Non siete veri» dicevano i compagni. Una volta Savelij reagì, tornando a casa con i pugni arrossati. Artem lo difese: «Chi non ha radici forti, cade. Difendetevi.» Olga, invece, vedeva in quelle lotte più dolore che forza.
La famiglia inventò nuove tradizioni: giornate nel bosco, capanne di rami, mappe disegnate a mano. Ogni ultima domenica del mese facevano il “giorno del silenzio”: niente parole, solo gesti e sguardi.
La verità nascosta
Un giorno Olga trovò una vecchia foto di Artem accanto a un amico: Sanja. Poco dopo arrivò una lettera. Marina Kalinina scriveva che suo figlio Aleksandr — lo stesso Sanja — era morto, lasciando due gemelli che non poteva crescere. «Sapeva che tu li avresti accolti» concludeva.
Artem tremò leggendo. Olga gli fu accanto. Ma i ragazzi sentirono tutto. «Quindi avevamo un padre prima di te?» chiese Timofej.
Artem li guardò negli occhi: «Avevate qualcuno che vi amava. Ma siete miei da quel giorno sotto la quercia.»
I gemelli riconobbero nei propri tratti quelli dell’uomo della foto. Varja li strinse: «Non importa da dove veniamo. Siamo una famiglia.»
Il cerchio si chiude
La famiglia appese in salotto due foto: una tutti insieme, l’altra con Sanja. «Per ricordare le radici» disse Olga.
Poco dopo tornarono alla radura sotto la grande quercia. Artem piantò con loro dei giovani aceri. «Cresceranno insieme a voi» disse.
Quando la sera calò, Olga e Artem si sedettero in veranda.
«Non ti sei mai pentito?» chiese lei.
«Mai» rispose lui. «Neanche per un giorno.»
Il vento faceva frusciare le foglie. In casa dormivano tre bambini: una figlia dal cuore forte e due fratelli trovati sotto una quercia. Non erano soltanto una famiglia: erano parte di una storia che, come il bosco, avrebbe continuato a vivere.